Garibaldi Giuseppe Bruno. Marinaio e illustratore doc
Dimenticato artista per hobby, si dedicò con successo alla grafica nell’Italia di fine ’800, primi ’900
Negli anni di fine Ottocento si consuma un’epoca d’oro nel mondo dell’arte: il naturalismo-verismo pittorico e il liberty aprono le porte alle arti applicate che, grazie alle novità tecnologiche della cromolitografia e litografia, vedono trionfare l’editoria con la nascita di libri, manifesti, riviste e cartoline arricchite da immagini a colori di valenti pittori illustratori e cartellonisti.
In questo ambito di arte-colore-tecnica, ma soprattutto di “visione”, sono famosi Alberto Della Valle, Gennaro Amato, Aurelio Craffonara, Quinto Cenni Pipein Gamba, Giuseppe Anichini, Francesco De Maria, Daniele Paolacci, Sergio Toffolo, e l’arcinoto Achille Beltrame.
Tra essi compare anche un dimenticato. Si firma G.G. Bruno. Chi era costui?
G.G. Bruno fu grafico da carta e penna, un artista del bianco e nero. Palermitano nato nel 1864, morto nel 1922, per tutta la vita lavorò come ufficiale di Marina Militare, prima di Stato Maggiore poi di Capitaneria di Porto dal 1894, per ragioni di salute. Fu, dunque, illustratore per hobby, un marinaio che disegnava per passione, “free lance” tra professionisti che lavoravano a tempo pieno nell’editoria e, a giudicare dai risultati ottenuti, dové trattarsi di persona dal buon carattere che sapeva ben comunicare per farsi accettare.
La sua firma ha lo stile di quella del più noto Garibaldi: leggibilità e sottolineatura del cognome. E non si tratta di un acronimo, come era allora di moda adottare da parte di molti artisti: le due “g” davanti al cognome stanno per Garibaldi Giuseppe.
L’ufficiale di Marina Bruno era figlio di un garibaldino (anche lui di nome Giuseppe) nato a Belmonte Mezzano, un capo “picciotto” responsabile dei trasporti delle 37 bande che aiutarono il Generale a entrare a Palermo dopo lo sbarco dei Mille a Marsala. Un padre entusiasta del condottiero tanto da seguirlo fino a Napoli e in Aspromonte, che dimostrò affetto verso l’Eroe dei due Mondi tanto da dare il suo cognome e nome al figlio.
Ma torniamo all’artista. G.G. Bruno lavorò su due binari: quello della Marina Militare e quello dell’editoria libera.
Da marinaio, il suo debutto grafico fu disegnare la copertina del primo numero della rivista Lega Navale, dicembre 1897. L’immagine del marinaio che stringe la mano all’operaio sotto lo sguardo dell’Italia – rappresentata dalla donna coronata – e le ciminiere delle fabbriche sullo sfondo, è senza dubbio la sintesi significante di un programma istituzionale che vede l’Industria al servizio della Marina e mostra al contempo che il sogno di fare il marinaio non è solo di pescatori e marinanti ma anche quello degli operai delle fabbriche. Il Bruno rivela in questo lavoro le basi del suo immaginario: buone competenze culturali con cui far nascere delle sintesi grafiche in modo semplice.
Si può ritenere che la comunicazione illustrata della Marina Militare, al di là di alcune incisioni su l’Illustrazione Italiana, iniziò per Bruno proprio con il primo numero della rivista Lega Navale in uno con Italia Marinara di Napoli. A lui risultano affiancati altri ufficiali-pittori quali Piva, De Maria e Roncagli, nonché i professionisti Amato, Paolacci e Beltrame. Manca all’appello il grande Edoardo De Martino che è a Londra richiestissimo: è il pittore della Casa Reale!
La collaborazione “marinaresca” del Bruno durerà per oltre un decennio come testimoniano le due vignette che illustrano con naturalezza e semplicità la vita della Marina Militare e della Marina Mercantile e che diventarono con continuità la tete de chapitre delle rubriche omonime sulla rivista.
Sempre presso la redazione della Lega Navale il marinaio-artista conobbe Jack La Bolina il quale lo scelse per illustrare suoi articoli e libri come Memorie di un luogotenente di vascello dove il nostro mostra in modo coerente abilità nel creare vignette compatibili con le frasi del testo alle quali sono intercalate, per esaltare l’attenzione del lettore e per emozionarlo dal lato del cuore. Sotto questo aspetto l’immaginario del suo verismo (scuola napoletana?) fu molto apprezzato, tanto che le sue vignette comparivano anche in libri la cui copertina era realizzata da altri. Lo ricordiamo al lettore con quella di Adamo ed Eva marinai, quella per un articolo di Jack La Bolina, e con la vignetta de La cecala e la formica per le Favole romanesche di Trilussa, senza dimenticare che Bruno illustrò libri anche per Capuana e De Amicis.
Il ritratto, o caratterizzazione dei volti, è un’altra peculiarità dell’arte di G.G. Bruno. I suoi colleghi di arte marinara, pur mostrando una completezza formale ed estetica migliore, non riescono a dare sentimento ai volti: li rappresentano di profilo. Bruno, viceversa, li disegna di fronte, sceglie, dunque, la via più insidiosa per caratterizzare il personaggio e ci riesce con una vena umoristica – che la studiosa di arti grafiche Pallottino apostrofa come “vocazione caricaturale” – e un’analisi psicologica da osservatore attento e raffinato.
Si vedano, a tal proposito, i volti realizzati per l’articolo Chiacchiere con i marinai di cui è anche estensore dello scritto (l’unico in cui la firma è per esteso) sul giornale di trincea La Marina d’Italia, e le vignette di copertina per due romanzi salgariani.
Da illustratore libero, Bruno produsse una vastità di copertine e di vignette per romanzi, racconti e riviste anche per l’infanzia come Piccola collezione Elena di Belforte, La Domenica dei fanciulli, Biblioteca Azzurra e il Novelliere.
Tra i romanzi di avventura ricordiamo in particolare le tredici illustrazioni prima edizione di Emilio Salgari; Bruno venne scelto non per i cicli “pirati” e “corsari”, ma per i “singoli” marinareschi: I pescatori di balene, Un dramma nell’Oceano Pacifico, Gli scorridori del mare, I solitari dell’Oceano, Le avventure straordinarie di un marinaio in Africa.
Per la sua fantasia semplice e fiabesca gli furono commissionate anche le illustrazioni di due romanzi proto-fantascientifici sempre di Salgari: Attraverso l’Atlantico in pallone e Al Polo Australe in velocipede.
E a colori? Si cimentò rarissime volte. Proponiamo in queste note la pagina della Tribuna Illustrata in cui egli racconta con efficacia il dramma in atto attraverso le espressioni di dolore, spavento, disperazione e pianto visibili sui volti delle persone colte dalla violenza dell’incidente.
Conclusione
Il “molto noto” G.G. Bruno quale illustratore di Marina di inizio Novecento è rimasto circoscritto nell’ambito istituzionale del suo tempo ed è caduto nel dimenticatoio del “non noto” di oggi. Il suo apporto quale illustratore di romanzi e riviste, viceversa, è superstite nelle copie introvabili e molto ambite dai collezionisti, ricercate nei mercatini del modernariato.
Eppure, stessa considerazione merita sia la poesia delle sue illustrazioni “sacre” (di Marina Militare) sia quella delle illustrazioni “profane” (dei romanzi… sempre sulla scia del mare), una poesia espressa con semplici composizioni grafiche ricche di movimento e vivacizzate dall’umanità dei volti dei personaggi coinvolti nell’azione.
Alla fine della Prima Guerra, Bruno e i suoi coetanei illustratori andarono tutti in pensione, anche “artistica”.
Finiva così un’epoca, ma non l’arte dell’illustrazione il cui successo proseguì nel ventennio successivo con i giovani della nuova avanguardia. Tra questi, mi piace segnalare Giorgio Tabet che, con gli schizzi in bianco e nero di vita di bordo eseguiti sulle navi della Marina Militare e le copertine a colori dei grandi romanzi Mondadori, percorse una vita artistica “parallela” a quella di G.G. Bruno.